giovedì 22 dicembre 2011

Iraq, attentati multipli a Bagdad almeno 57 morti e 150 feriti

Tredici esplosioni, provocate sia da ordigni che da autobombe, in varie zone della città a soli quattro giorni dalla partenza dell'ultimo soldato statunitense. Il bilancio più grave nel distretto commerciale di Karrada. Mentre nel Paese divampa lo scontro tra sunniti e sciiti

 

BAGDAD - Una serie di attentati coordinati ha colpito stamattina la capitale irachena, a soli quattro giorni dalla partenza dell'ultimo soldato Usa. Il bilancio provvisorio parla di almeno 57 morti e 150 feriti. Secondo la Bbc, sono tredici le aree colpite: i quartieri di Allawi, Bab al-Muatham e Karrada; al nord quelli di Adhamiyah, Shouala e al-Shab, a est Jadriyah, a ovest al-Ghazaliyah, e al sud al-Amil e Doura. Tutte le aree sono accomunate dalla prevalenza di abitanti di confessione sciita. La strage più pesante si è registrata in centro,  nella zona commerciale di Karrada, dove è saltata in aria un'auto-bomba.

Non è giunta per ora alcuna rivendicazione degli attentati che, tuttavia, per l'organizzazione e il livello di coordimento sembrano riconducibili ad al-Qaeda. La guerra in Iraq sarà finita per gli Stati Uniti 1, ma per le strade di Bagdad dunqe si continua a morire. Gli attentati di oggi sono i peggiori in Iraq dal 15 agosto scorso, quando un'ondata di esplosioni in diciassette diverse città provocò 74 morti e oltre duecento feriti.

Coincidono inoltre con la grave crisi politica in corso nel Paese Iraq, perché si aggrava lo scontro tra sunniti e sciiti. Negli ultimi giorni è stato spiccato un mandato di cattura nei confronti di uno dei due vice presidenti, il sunnita Tareq al-Hashemi, per presunte attività terroristiche:

avrebbe avuto ai suoi ordini uno 'squadrone della morte'. Il premier Nouri al-Maliki, sciita moderato, ha ingiunto al governo autonomo del Kurdistan di consegnare Hashemi alle autorità centrali, e ha inoltre chiesto le dimissioni di uno dei suoi vice, Saleh al-Mutlak, anch'egli di confessione sciita e appartenente al cartello 'Iraqiya', lo stesso del vice presidente finito nell'occhio del ciclone: la colpa di Mutlak è l'aver definito il governo di unità nazionale a guida sciita una "dittatura". 'Iraqiya' dal canto suo ha intrapreso il boicottaggio dei lavori parlamentari e governativi, inducendo il primo ministro a minacciare di sostituire i membri del proprio gabinetto che fanno capo a tale partito.

 

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