Equivalente Usa della Confindustria accusa: Pechino ci spia
La Chamber of Commerce,
equivalente statunitense della Confindustria italiana, è stata
attaccata da hacker cinesi a caccia di informazioni sulle grandi aziende
americane e di segreti commerciali. L'ennesimo episodio di pirateria
informatica del quale gli Usa accusano la Cina è stato rivelato al Wall
Street Journal fonti della stessa Chamber of Commerce, secondo le quali
l'attacco era un'operazione complessa che veniva da almeno 300 diversi
indirizzi Internet ed è stato respinto nel maggio del 2010. Forse gli
hacker avevano avuto accesso alla rete per un anno prima di essere
scoperti.
Secondo le fonti, il gruppo accusato degli attacchi è sospettato dal governo Usa di avere legami con il governo cinese. L'Fbi non ha commentato, mentre un portavoce dell'ambasciata cinese a Washington ha detto che i cyber-attacchi sono vietati dalla legge in Cina e che anzi è Pechino stessa a esserne vittima. Le accuse americane sono "senza prove e irresponsabili", ha detto.
Secondo funzionari della Chamber of Commerce, che principalmente svolge attività di lobbying a favore delle aziende che ne fanno parte, gli hacker si concentravano su quattro persone che si occupavano di questioni relative all'Asia. In mano ai pirati informatici sono finiti soprattutto documenti sulla politica commerciale, appunti e rapporti di viaggio.
"Si tratta chiaramente di persone molto sofisticate, che sapevano esattamente chi siamo, e che hanno preso di mira individui specifici", ha dett il direttore generale David Chavern.
Il mese scorso il controspionaggio americano ha accusato la Cina in un rapporto di essere "la più attiva e persistente al mondo nel commettere spionaggio economico".
A corroborare l'accusa ci sono altri fatti curiosi: per esempio la stampante di un dirigente della Chamber ha cominciato da sola a stampare pagine in cinese, e un termostato elettronico in una foresteria dell'organizzazione a Washington era in comunicazione con un indirizzo internet in Cina.
"Questa è la nuova normalità. Mi aspetto che continui per il futuro prevedibile. Mi aspetto di essere sorpreso ancora", ha commentato Chavern.
Secondo le fonti, il gruppo accusato degli attacchi è sospettato dal governo Usa di avere legami con il governo cinese. L'Fbi non ha commentato, mentre un portavoce dell'ambasciata cinese a Washington ha detto che i cyber-attacchi sono vietati dalla legge in Cina e che anzi è Pechino stessa a esserne vittima. Le accuse americane sono "senza prove e irresponsabili", ha detto.
Secondo funzionari della Chamber of Commerce, che principalmente svolge attività di lobbying a favore delle aziende che ne fanno parte, gli hacker si concentravano su quattro persone che si occupavano di questioni relative all'Asia. In mano ai pirati informatici sono finiti soprattutto documenti sulla politica commerciale, appunti e rapporti di viaggio.
"Si tratta chiaramente di persone molto sofisticate, che sapevano esattamente chi siamo, e che hanno preso di mira individui specifici", ha dett il direttore generale David Chavern.
Il mese scorso il controspionaggio americano ha accusato la Cina in un rapporto di essere "la più attiva e persistente al mondo nel commettere spionaggio economico".
A corroborare l'accusa ci sono altri fatti curiosi: per esempio la stampante di un dirigente della Chamber ha cominciato da sola a stampare pagine in cinese, e un termostato elettronico in una foresteria dell'organizzazione a Washington era in comunicazione con un indirizzo internet in Cina.
"Questa è la nuova normalità. Mi aspetto che continui per il futuro prevedibile. Mi aspetto di essere sorpreso ancora", ha commentato Chavern.
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