Natale con novità di rilievo su più fronti, a Cuba. Raul Castro ha
annunciato che "nei prossimi giorni" sarà concesso l'indulto a 2.900
detenuti, in vista della visita, in marzo, del Papa. Il presidente ha
invece rinviato l'annuncio della riforma della legge sull'emigrazione,
da tempo preannunciata, che permetterebbe ai cubani di entrare e uscire
dal paese senza restrizioni.
Sul quotidiano Granma però è uscito oggi
un altro annuncio di innovazioni economiche: dal primo gennaio in sei
province su 15 anche altri artigiani (dopo barbieri e parrucchieri),
"falegnami, tappezzieri, fotografi e calzolai", saranno trasformati da
dipendenti statali in lavoratori autonomi con partita Iva, con la
possibilità di prendere in affitto i locali governativi nei quali oggi
lavorano.
Castro è intervenuto venerdì in Parlamento, la 'Asamblea
del Poder Popular' dell'Avana, e si è soffermato su diversi aspetti
della vita politica ed economica del paese.
In particolare, ha
annunciato l'uscita dalle carceri di 2.900 prigionieri, un numero quasi
dieci volte superiore rispetto ai 299 liberati nel 1998, quando L'Avana
prese una decisione identica in occasione della visita di Giovanni Paolo
II.
"Il popolo e il governo accoglieranno il pontefice con affetto e rispetto", ha assicurato il capo dello Stato,
sottolineando che la misura adottata è dovuta anche "alle numerose richieste dei familiari e delle istituzioni
religiose".
Tra
coloro che godranno dell'indulto ci sono malati, anziani, donne e
giovani "che potranno reinserirsi nella societa". Nonché 86 stranieri di
25 Paesi ("Se i loro governi li vorranno"). Ma non Alan Gross,
americano di 62 anni, arrestato nel 2009 con l'accusa di aver tentato di
introdurre materiale per Internet nell'isola. I suoi familiari, delusi,
hanno assicurato che Gross "ha perso 45 chili ed è depresso", mentre
Washington ha manifestato la sua "profonda delusione" per la mancata
liberazione.
Castro, per contro, non ha annunciato, come segnalavano
invece indiscrezioni in circolazione da tempo, l'attesa riforma
migratoria. "Non pochi la ritengono urgente, dimenticandosi le
circostanze eccezionali in cui vive Cuba", ha avvertito il fratello e
successore del lider maximo Fidel Castro, ricordando "la politica
dell'ingerenza e della sovversione attuata dall'amministrazione Usa".
Sia
tra la dissidenza interna sia tra i tanti cubani che vivono all'estero
(circa 2 milioni, in gran parte negli Usa) il rinvio, o forse la
frenata, di Castro ha comunque provocato grande delusione, come
testimoniano i messaggi circolati sulle reti sociali. Dal trionfo della
'revolucion' nel 1959, il 'dossier' migrazione è sempre rimasto sotto i
riflettori oltre che al centro delle mille dispute tra Washington e
L'Avana.
È infatti da oltre mezzo secolo che molti cubani sognano di
poter lasciare l'isola senza scontrarsi con una serie infinita di
ostacoli, in particolare della burocrazia. Magari anche solo per andare a
trovare i parenti all'estero, in gran parte in Florida.
Le novità
della 'reformà in programma sono in sostanza tre: annullamento
dell'obbligo di visto d'uscita per i cubani residenti nell'isola, di
quello d'entrata per quelli che vivono all'estero ed eliminazione della
cosiddetta condizione di 'emigrante definitivò, che colpisce chi non
rientra a Cuba dopo essere rimasto all'estero più degli 11 mesi previsti
e permessi.
Troppo presto, per ora, capire se l'arrivo di Benedetto XVI spianerà nei prossimi mesi la strada alla 'reforma migratorià.
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