martedì 20 dicembre 2011

Ue in difficoltà: solo 150 miliardi per rafforzare il Fmi. Il "No" della Gran Bretagna

L'Europa ha ricavato solo 150 miliardi di euro, dei 200 previsti, da destinare al rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale - il 20% in più della precedente quota di partecipazione. I contributi certi provengono dai paesi dell'area dell'euro, 13 in tutto se si escludono Estonia, Irlanda, Portogallo e Grecia. E  anche questa volta la Gran Bretagna si è tirata fuori, poiché non intenzionata a partecipare al salvataggio dei paesi indebitati dell'Eurozona.

A trasmettere la notizia è stato l'Ecofin, ieri sera in un comunicato stampa. L'Italia è al terzo posto nella classifica dei contribuenti: verserà un contributo di 23,48 miliardi, il 15,66% dei 150 miliardi totali. Prima la Germania con 41,5 miliardi (27,67% del totale) e seconda la Francia con 31,4 (20,94% del totale). Al quarto posto la Spagna con 14,86 miliardi, a seguire l'Olanda con 13,61 e il Belgio con 9,99. L'Ecofin ha dichiarato, inoltre, che anche Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia parteciperanno al rafforzamento del Fmi, ma, per alcuni di questi paesi, sarà necessario il vaglio dei Parlamenti nazionali.

Risultato comunque scarso. Si potrà raggiungere la quota prevista di 200 miliardi solo se contribuiranno altri paesi extraeuropei, cui l'Ecofin ha rivolto il seguente appello: "L'Unione apprezzerebbe che i membri del G-20 oltre che altri paesi membri del Fmi finanziariamente solidi sostenessero gli sforzi per preservare la stabilità finanziaria mondiale, contribuendo ad aumentare le risorse del Fondo".
Tuttavia, il rispetto degli impegni prefissati è già un buon segnale. Ieri, infatti, scadeva il termine che l'Ue si era data il 9 dicembre, per racimolare i fondi da destinare al rafforzamento del Fmi. Da questo punto di vista l'Eurozona ha dimostrato quella serietà indispensabile per riacquistare la fiducia dei mercati e per trasmettere un messaggio positivo ai partner internazionali.
La decisione è stata presa dai ministri finanziari riunitisi ieri pomeriggio in teleconferenza, dove si è discusso anche della riforma al trattato del fondo si stabilità Esm. Tra i ministri, un "no" deciso da parte del cancelliere George Osborne al rafforzamento del contributo della Gran Bretagna al Fmi. "Il Regno Unito" - afferma l'Ecofin -  ha indicato che definirà il suo contributo all'inizio dell'anno prossimo nel quadro del G-20". Contributo che dovrebbe aggirarsi sui 30 miliardi di euro.
A suscitare l'opposizione della Gran Bretagna non è il rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale, ma le finalità per cui è stato richiesto. E' evidente che la crisi del debito che investe l'Europa incute paura; la presenza di un garante esterno, come il Fmi, ha il compito, quindi, di rassicurare i mercati internazionali. Per la Gran Bretagna, invece, l'Europa dovrebbe rafforzare i propri strumenti come il fondo salva-Stati (Efsf) e non appoggiarsi ad una realtà esterna.
Intanto, è giunta notizia che stamattina venti uomini d'affari inglesi, hanno lanciato un appello al premier David Cameron contro la posizione oltranzista da questo presa nell'ultimo summit Ue, sottolineando l'importanza che l'Euro ha per l'economia inglese e il rischio che la Gran Bretagna resti esclusa dal "tavolo delle decisioni" europee. Alcuni dei più noti firmatari: Richard Branson fondatore del gruppo Virgin, il presidente di British Telecom Mike Rake, l'amministratore delegato di Eurostar Nicolas Petrovic, Martin Sorrell amministratore delegato di Wpp.
Anche per il Regno Unito, dunque, non è detta ancora l'ultima parola.

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