L'Europa ha ricavato solo 150 miliardi di euro, dei 200 previsti, da destinare al rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale
- il 20% in più della precedente quota di partecipazione. I contributi
certi provengono dai paesi dell'area dell'euro, 13 in tutto se si
escludono Estonia, Irlanda, Portogallo e Grecia. E anche questa volta
la Gran Bretagna si è tirata fuori, poiché non intenzionata a
partecipare al salvataggio dei paesi indebitati dell'Eurozona.
A trasmettere la notizia è stato l'Ecofin, ieri sera in un
comunicato stampa. L'Italia è al terzo posto nella classifica dei
contribuenti: verserà un contributo di 23,48 miliardi, il 15,66% dei 150
miliardi totali. Prima la Germania con 41,5 miliardi (27,67% del
totale) e seconda la Francia con 31,4 (20,94% del totale). Al quarto
posto la Spagna con 14,86 miliardi, a seguire l'Olanda con 13,61 e il
Belgio con 9,99. L'Ecofin ha dichiarato, inoltre, che anche Polonia,
Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia parteciperanno al rafforzamento del
Fmi, ma, per alcuni di questi paesi, sarà necessario il vaglio dei
Parlamenti nazionali.
Risultato comunque scarso. Si potrà
raggiungere la quota prevista di 200 miliardi solo se contribuiranno
altri paesi extraeuropei, cui l'Ecofin ha rivolto il seguente appello:
"L'Unione apprezzerebbe che i membri del G-20 oltre che altri paesi
membri del Fmi finanziariamente solidi sostenessero gli sforzi per
preservare la stabilità finanziaria mondiale, contribuendo ad aumentare
le risorse del Fondo".
Tuttavia, il rispetto degli impegni
prefissati è già un buon segnale. Ieri, infatti, scadeva il termine che
l'Ue si era data il 9 dicembre, per racimolare i fondi da destinare al
rafforzamento del Fmi. Da questo punto di vista l'Eurozona ha dimostrato
quella serietà indispensabile per riacquistare la fiducia dei mercati e
per trasmettere un messaggio positivo ai partner internazionali.
La decisione è stata presa dai ministri
finanziari riunitisi ieri pomeriggio in teleconferenza, dove si è
discusso anche della riforma al trattato del fondo si stabilità Esm.
Tra i ministri, un "no" deciso da parte del cancelliere George Osborne
al rafforzamento del contributo della Gran Bretagna al Fmi. "Il Regno
Unito" - afferma l'Ecofin - ha indicato che definirà il suo contributo
all'inizio dell'anno prossimo nel quadro del G-20". Contributo che
dovrebbe aggirarsi sui 30 miliardi di euro.
A suscitare l'opposizione della Gran
Bretagna non è il rafforzamento del Fondo Monetario Internazionale, ma
le finalità per cui è stato richiesto. E' evidente che la crisi del
debito che investe l'Europa incute paura; la presenza di un garante
esterno, come il Fmi, ha il compito, quindi, di rassicurare i mercati
internazionali. Per la Gran Bretagna, invece, l'Europa dovrebbe
rafforzare i propri strumenti come il fondo salva-Stati (Efsf) e non
appoggiarsi ad una realtà esterna.
Intanto, è giunta notizia che stamattina
venti uomini d'affari inglesi, hanno lanciato un appello al premier
David Cameron contro la posizione oltranzista da questo presa
nell'ultimo summit Ue, sottolineando l'importanza che l'Euro ha per
l'economia inglese e il rischio che la Gran Bretagna resti esclusa dal
"tavolo delle decisioni" europee. Alcuni dei più noti firmatari: Richard Branson
fondatore del gruppo Virgin, il presidente di British Telecom Mike
Rake, l'amministratore delegato di Eurostar Nicolas Petrovic, Martin
Sorrell amministratore delegato di Wpp.
Anche per il Regno Unito, dunque, non è detta ancora l'ultima parola.
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